Ricordo ancora come se fosse ieri, ero al Conservatorio di Como e stavo andando a fare l’esame di “Teoria e Solfeggio”.
A mio parere, è stato l’esame più difficile fra tutti quelli che ho affrontato durante il mio percorso da studente.
Anche se, in realtà, è come per la scuola e ti rendi conto solo quando cresci dell’utilità di certe prove, anche se, per me, altre prove rimangono ancora dei misteri. L’esame di “Teoria e Solfeggio” comprendeva una serie di prove che bisognava affrontare e che andavano a mettere a dura prova alcuni aspetti.
C’era la parte di Teoria in cui venivano fatte delle domande sulla teoria musicale, come ad esempio “Do-Si bemolle che intervallo è?” oppure “Se faccio Fa La Do che accordo mi esce? Maggiore, minore, diminuito?” o ancora, “Rivolto, regola del 9” e così via.
Poi c’era la parte di Solfeggio: mi gasavo tanto con il solfeggio, avevo preso dei libri difficilissimi come il Crozzoli (un testo che utilizzavano gli oboisti, con tempi difficilissimi) o i tre volumi del Pedron e i tre del Pozzoli, l’appendice e tanti altri ancora come il Berben e così via.
In definitiva, erano delle prove difficilissime! Nella “musica reale”, invece, trovi cose molto più semplici (non troverai mai l’undicesimina con sotto una terzina, ad esempio).
C’era anche il Solfeggio cantato con la difficoltà del cantare. Io ero e sono stonato e quindi il problema è che non mi sono mai esercitato sui cantati.
Una volta a casa, infatti, tra tutti gli esercizi e quelli di pianoforte, preferivo fare quelli di pianoforte, piuttosto che cimentarmi nel cantato: ma questa non è una giustificazione. Nessuno, a quel tempo, mi ha fatto mai capire l’importanza del cantato.
Io rispondevo al mio insegnante dicendo “Non voglio andare a fare piano bar” e questo la dice lunga sulla superficialità con cui giudicavo la cosa.
Infatti, non capendo l’importanza del cantato, era difficilissimo per me applicarmi in questo, considerando che per me non era un’attività bellissima da svolgere… a me importava solo suonare.
L’importanza del solfeggio cantato l’ho scoperta solo dopo ed infatti ci sono tantissimi motivi importanti per cui farlo:
- da la possibilità di guardare una partitura e cantarla a mente senza aver bisogno di uno strumento davanti;
- permette di capire che brano è anche solo dalla partitura (se si conosce quel brano);
- consente di capire gli intervalli e aiuta nella composizione e nell’improvvisazione.
Insomma, permette di sviluppare un buonissimo orecchio. Un’altra prova era quella del Setticlavio.
Mi denunceranno tutte le istituzioni, ma lo dirò: era la prova più inutile del mondo.
Ci sono anche tantissimi insegnanti privati che lo fanno studiare di default agli studenti, sia che vogliano fare i professionisti, sia che vogliano semplicemente divertirsi a studiare nelle ore serali in cuffia.
Questa è una grande sciocchezza, perché non si può far fare lo stesso percorso a tutti e poi perché già il setticlavio non è interesse di chi vuole fare il professionista o il pianista, figuriamoci di chi vuole solo suonare Claudio Baglioni nelle ore serali!
Setticlavio sta per “sette chiavi musicali” perché noi pianisti conosciamo solo la Chiave di Violino e la Chiave di Basso ma ce ne sono altre 5: Chiave di Baritono, Chiave di Soprano, Chiave di Mezzosoprano, Chiave di Tenore e Chiave di Contralto.
Quindi voleva dire imparare a leggere in altre cinque chiavi.
Quindi, a chi avrebbe voluto diventare un pianista non interessavano quelle chiavi (che non avrebbe mai incontrato), a meno che non avrebbe voluto diventare un pianista accompagnatore o un direttore d’orchestra.
Ma anche per chi avrebbe voluto diventare un pianista solista, tutte quelle chiavi non servivano minimamente ma era costretto a studiarle comunque!
Per di più che nemmeno gli insegnanti sapevano leggerle e capitava più di una volta che durante l’esame, si sparassero nomi a caso.
Tra l’altro avevo preso 8 e mezzo a quella prova ed ero gasato perché il mio insegnante mi disse “A differenza di tutte le altre prove come cantato, parlato, dettato, ecc, se tu studi le chiavi, le note sono quelle”, quindi paradossalmente era la prova più semplice perché bastava studiare le chiavi e le note erano quelle, quindi non c’era bisogno di inventarsi qualcosa.
Mentre nel parlato e nel cantato si possono inventare cose mai viste e sentite.
Poi c’era il Dettato: per me era l’inferno!
A volte mi andava benissimo durante le esercitazioni e a volte mi andava malissimo, a volte non capivo nemmeno la tonalità e, quindi, era una prova davvero dura.
E ho capito che si trattava di due tipi di abilità totalmente differenti: se sai suonare abbastanza bene il pianoforte, non è detto che automaticamente sai fare bene i dettati.
Io comunque mi ostinavo a non allenarmi con i dettati.
Ho capito, però, che non conveniva presentarsi all’esame avendo fatto solo 20 dettati e poi prendere 4 (come ho preso io).
Così mi sono esercitato per tutta l’estate con un maestro e alla fine ho preso 9.50 come voto anziché 10.
Probabilmente ho ottenuto questo voto perché il dettato di recupero era più semplice rispetto a quello che era stato fatto nella prima prova.
Mi andò bene comunque.
Per me quella prova era stata un disastro e ricordo che quando andai da questo insegnante per tutta l’estate, mio padre “si svenò” (perché immaginate cosa voglia dire fare 2 o 3 ore di dettato praticamente tutti i giorni per un’intera estate con un insegnante)…
Ma mi è stato utilissimo perché ricordo che durante le prime lezioni, entravo in casa di questo insegnante che attaccava su una sinfonia di Mozart e mi diceva “In che tonalità è questa?” e io non sapevo rispondere e sparavo qualcosa a caso.
Poi settimana dopo settimana, mese dopo mese, ho imparato a capire subito tutto.
Adesso, non essendo allenato non ci riuscirei (e questo fa capire come allenando un determinato aspetto, questo cresce, mentre, se lo lasci abbandonato, decresce).
Sono tutti aspetti che vanno sempre coltivati, poi dipende sempre da quello che devi fare.
Cioè, se non devi fare più esami e non devi più lavorare con l’orecchio, magari non dedichi più tanto tempo ad allenare l’orecchio (anche se per me è sempre una cosa importante da fare).
Per cui, costantemente, faccio delle trascrizioni ad orecchio: proprio qualche giorno fa ho pubblicato una trascrizione ad orecchio della colonna sonora del film “Mediterraneo”, film che mi piace moltissimo.
Sono stato lì un’oretta per crearla ma mi sono divertito tantissimo. Comunque, poi c’era qualche altra prova che ora mi sfugge; ma se non mi sbaglio erano tante prove ed erano difficili.
Che cosa ne sa un allievo che sta al terzo anno dell’armonia e degli accordi?
E’ difficile perché sei ancora all’inizio, stai scoprendo, stai entrando nella profondità della musica e ti fanno delle domande “bastarde” come “Do Si bemolle che intervallo è?”.
Con la coscienza di oggi, so subito rispondere a queste domande “cattive” ma, a quel tempo, senza avere conoscenza di accordi, senza conoscere nulla, hai quasi la necessità di imparare tutto a memoria anche se questo non ha molto senso e non è molto produttivo.
Infatti, se impari a memoria, poi perdi tutto ciò che hai imparato.
Ma con la coscienza di oggi, ho un altro approccio e ha tutto un altro significato.
Se facessi ora l’esame di dettato, sicuramente, anche se non ho l’orecchio allenato, prenderei il massimo dei voti perché ho di base un’ottima conoscenza dell’armonia e tutti i dettati seguono un percorso armonico.
Spesso quelli d’esame sono anche modulanti quindi, se tu capisci anche se sta modulando i toni vicini (quasi sempre) piuttosto che i toni lontani, sai anche quale passaggio armonico è stato utilizzato per modulare e quindi sai già cosa ti aspetta.
Il dettato non è solo “riconosco che quello è un LA perché ho sentito che quella frequenza è un LA”: quella è l’ultima spiaggia!
Poi ci sono anche altri esami di “Ear Training” in cui ti fanno ascoltare una sinfonia di Mozart e devi sentire ogni singolo strumento che note fa: anche quell’esame è stato una tragedia.
Mi ricordo gente che lo rifaceva 3 o 4 volte, dovevi sentire il clarinetto che note faceva, il contrabbasso che note faceva: era molto difficile!
Anche se lo scoglio più grande per me è sempre stato “Teoria e Solfeggio”: lo scoglio che separava quelli che volevano fare i musicisti da quelli che volevano perdere tempo (ed infatti molti mollavano proprio su questo esame).
Mi ricordo questa scena: io che entro in questa enorme aula a scaglioni con davanti il mio foglio e quaderno pentagrammato.
Poi il professore che suona il dettato e dice “Adesso suono l’accordo di tonica” e tutti che iniziano ad intonarsi facendo dei versi: immaginate che confusione. Mi guardavo intorno senza capire nulla!
Guardavo il professore pensando “Digli di stare zitti!”.
Dopo ho capito che tutti facevano così e che anche io avrei dovuto adattarmi velocemente. Comunque, in quel dettato la prima volta presi 4 o 4 e mezzo.
La seconda volta andò meglio e mi sono messo a cantare come avevano fatto gli altri la volta prima. Queste sono le prove più difficili che ho sostenuto io.
Ora so che c’è anche una prova ritmica dove devi tamburellare le mani sul tavolo. Insomma, è bello tosto però sicuramente ti da delle ottime basi.
Se ripenso all’esame del quinto anno, è vero che c’erano tante cose da studiare e tante prove, ma era un esame che si poteva preparare anche in due anni.
Gli esami con troppa roba, invece, come quello di maturità o in cui è fondamentale anche la fortuna, non mi sono mai piaciuti e li ho sempre odiati.
Anche perché nella vita reale non è che devi sapere tutto a memoria, prendi il libro, cerchi, vedi ed utilizzi la formula, ad esempio.
All’esame di maturità, ho fatto il geometra: si poteva utilizzare il manuale tecnico che aveva dentro le formule. Noi studenti, oltre al manuale con le formule, avevamo preparato dei bigliettini per le soluzioni e i processi.
Però la presidente di commissione decise di ritirare il manuale a quello seduto dietro di me e, mentre lo sfogliava, trovò tutti i bigliettini.
Mi spaventai perché pensai che potesse farlo anche a me ma per fortuna ritirò i bigliettini a molti altri miei compagni.
La Presidente capì subito che tutti avevano i bigliettini e si convinse a restituirli a tutti.
Con questo voglio dire che puoi conoscere a memoria tante formule ma l’importante è sapere come applicarle, quando applicarle e dove applicarle.
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