L’unico vero scopo del pianista, non è quello di suonare senza sbagliare nemmeno una nota. Questo è già dato per scontato. Certo, è quasi impossibile suonare senza nemmeno commettere un errore, ma .. per lo meno ci si prova. Inoltre se dovesse capitare in concerto…Amen!! Sbagliare è umano e ..chissene frega!
Gli errori vengono perdonati, ma ciò che invece non viene perdonato è la mancanza di cuore e mancanza di passione in quello che si fa.
Suonare una sonata di Beethoven facendo attenzione al solo fatto che le note risultino tutte corrette è sì un dovere, ma che passa in secondo piano se prima non ci ricordiamo che dobbiamo dare un senso a ciò che suoniamo.
Un ascoltatore non deve mai domandarsi: “ma che sta succedendo in questo punto del brano?” oppure “che cosa sta facendo?”
L’ascoltatore, pur non avendo lo spartito davanti deve sempre capire ciò che succede all’interno del brano, e questa comprensione gliela devi dare tu, tu pianista esecutore.
Per eseguire esattamente una frase, dopo averne individuati il principio e la fine, l’essenziale è di darle la sfumatura dinamica appropriata e l’opportuna modificazione agogica. Come regola vale che ogni frase ha sempre soltanto un punto culminante […] . Generalmente il punto culminante viene preparato da un crescendo ed è seguito da un diminuendo […].
Per le motivazioni agogiche, cioè quei piccoli mutamenti di tempo, non indicati dal compositore, ma lasciati al gusto dell’esecutore, vale in linea di massima il principio di attivare un certo accelerando fino al punto culminante, prolungandone leggermente la nota. Da questo punto fino all’ultima nota della frase si attua spesso un leggere ritardando. (Manuale tecnico del pianista concertista
, Piero Rattalino, Ed. Zecchini Editore).
Christian Salerno
E' vero! Grande Christian!!..