
STABILIRE UN PERCORSO
Definire una via chiara in cui l’insegnante possa individuare facilmente le tappe fondamentali finalizzate al proprio insegnamento è un’azione indispensabile per affrontare qualsiasi percorso didattico. È bene che chi insegna sia profondamente consapevole delle motivazioni che supportano le sue scelte metodologiche e didattiche, che individui con chiarezza gli obiettivi. Una volta che l’insegnante è riuscito a definire la propria idea didattica può impostare il lavoro e immaginare di creare un prodotto finale.
INDIVIDUARE NECESSITÀ E OBIETTIVI SPECIFICI
Prima di tutto l’età l’età dei bambini è un dato rilevante per la programmazione. Essa condiziona la scelta di ciò che si vuole insegnare, del repertorio da utilizzare e dei mezzi da usare per favorire l’apprendimento. Ciò non comporta alcun ostacolo nella scuola pubblica dove i bambini sono omogenei per età, ma lo può diventare nelle scuole private di musica dove non sempre è possibile formare gruppi con bambini coetanei.
In questi casi è bene lavorare per fasce d’età: nella fascia della scuola dell’infanzia unire i 3 anni con i 4, oppure i 4 con i 5 anni; nella fascia della scuola primaria unire la prima con la seconda classe (6 e 7 anni), la terza con la quarta (8 e 9 anni); la quinta può tranquillamente lavorare con la prima della secondaria di primo grado (10 e 11 anni), la seconda con la terza (12 e 13 anni), e a seguire la fascia dei “grandi”.
Il gruppo quindi avrà uniformità anagrafica: si possono anche creare gruppi con bambini appartenenti a fasce d’età diverse purché siano omogenei per competenze ed esperienze. Il bambino non è una tabula rasa. Ogni bambino porta con sé un vissuto musicale e delle competenze, non è un foglio bianco. Conoscere questo patrimonio è per l’insegnante una necessità ed è una condizione indispensabile per chiarire le finalità, individuare gli obiettivi e selezionare il repertorio da proporre.
Inoltre la conoscenza delle esperienze musicali di ciascuno facilita la comunicazione e la relazione tra insegnante e allievo. In quante ore? Maggiore è il numero di lezioni di cui l’insegnante può disporre, maggiore è la possibilità di creare un percorso organico che affronti più obiettivi. Quando invece le lezioni di musica si riducono a 8-10 nell’arco dell’anno scolastico, come purtroppo spesso accade, è bene concentrare il lavoro su un progetto finalizzato alla realizzazione di un prodotto musicale come l’apprendimento e la rielaborazione di una serie di canti’ oppure la realizzazione di una fiaba didattica.
Raccolte le informazioni, l’insegnante stabilisce la finalità del suo lavoro e individua gli obiettivi e le modalità didattiche. Obiettivi generali: sviluppare la socializzazione, la creatività, l’attenzione e la memoria. Obiettivi specifici: sviluppare l’orecchio, la vocalità, la coordinazione ritmico/motoria, la percezione e la discriminazione di elementi musicali.
LA SCELTA DEL REPERTORIO
È importante offrire al bambino un panorama musicale quanto mai ricco, stimolarlo con un repertorio vario sia da un punto di vista metrico (2/4, 3/4, 6/8, 5/4, …) e ritmico, sia melodico (diatonia, pentatonia, modalità).
È bene proporre brani che il bambino canti e intoni con facilità, in cui la scansione ritmica sia chiara ed evidente. A canti infantili e filastrocche, fondamentali per l’apprendimento della lingua madre musicale, viene accostato un repertorio costituito da brani più complessi ma adatti ai fini didattici e da canti in altre lingue.
Proprio la qualità ritmica è un aspetto di grande attrazione e divertimento per i ragazzi. Se la classe si sente piacevolmente coinvolta è in grado di riprodurre brani anche ritmicamente complessi. Un testo divertente con argomenti emotivamente ed affettivamente vicini al vissuto e alla fantasia del bambino, una linea melodica interessante e non banale, stimolano l’espressività e una vocalità appropriata.
La varietà arricchisce il patrimonio musicale del bambino che, attraverso l’imitazione, si appropria di linguaggi musicali differenti. In tal modo, la rete di riferimento che egli forma grazie all’interiorizzazione degli stimoli musicali genera il terreno di base per ogni futura forma di apprendimento. Si tenga sempre presente che non è però solo la quantità di stimoli musicali ad essere importante nello sviluppo della musicalità, ma anche la qualità dei brani che il bambino ascolta e le modalità con cui li ascolta.
Nel vissuto quotidiano siamo sommersi da una gran quantità di musica, proveniente da diversi mezzi di comunicazione, che non sempre rappresenta uno stimolo di qualità elevata. Lavorare con brani musicali che solitamente non fanno parte del repertorio “commerciale” aumenta il vocabolario musicale del bambino, la sua sensibilità, la sua conoscenza e la sua musicalità.
Il materiale individuato può essere così distinto:
- Canti didattici: canti solitamente molto semplici e brevi che presentano una caratteristica ritmica o melodica evidente. Vengono insegnati con il preciso scopo di percepire e riconoscere un elemento musicale (ritmico, metrico o melodico).
- Canti di repertorio: canti più complessi e articolati adatti a fornire varietà ritmica e melodica al repertorio del bambino, condizione indispensabile per il suo arricchimento musicale; possono mostrarsi didatticamente utili per affrontare, in seguito, attività specifiche basate sulla discriminazione degli elementi musicali.
- Ascolto di musica di vario genere: è indispensabile che il patrimonio di conoscenza musicale del bambino venga arricchito da questo tipo di esperienza.
PROGETTARE UNA LEZIONE. ALCUNI SUGGERIMENTI
L’organizzazione della lezione deve tenere conto dei tempi di attenzione e di apprendimento dei bambini. Con i bambini della prima infanzia, i giochi o le attività di tipo ludico devono durare pochi minuti se si tratta di attività dove è richiesta molta concentrazione (come l’ascolto, la lettura…), un po’ di più quando si affrontano giochi strutturati. La lezione ideale con i bambini di 3 anni ha una durata di circa 30 minuti, con i gruppi di quattro o cinque anni si arriva ai 45-50 minuti. L’insegnante deve comunque prestare molta attenzione al gruppo ed essere in grado di cogliere gli atteggiamenti di stanchezza per cambiare all’occorrenza il tipo di attività.
La lezione si può articolare in tre momenti sempre chiaramente riconoscibili: l’inizio, la parte centrale, il saluto finale. Ritualizzare il momento d’inizio e di fine di ciascuna lezione sempre con la medesima proposta dà sicurezza al gruppo e aiuta a creare un clima sereno e disteso. Si consiglia di svolgere la lezione seduti per terra anziché seduti sulle sedie, utilizzando, se necessario, dei tappetini.
La disposizione migliore è il cerchio che crea una situazione relazionale privilegiata perché consente a ciascun bambino di vedere gli altri, di essere accanto a qualcuno e di mantenere un contatto visivo costante con l’insegnante. È importante però sperimentare altre strutture nelle fasi di gioco e utilizzare il semicerchio nelle attività in cui è richiesta la presenza di un direttore. Nella parte centrale della lezione si propongono i giochi o le attività ludiche previste.
È bene però avere un approccio flessibile alla programmazione, soprattutto con i bambini più piccoli. Risultano efficaci tutte quelle attività che si possono collegare ad una situazione contingente: ad esempio la sonorizzazione della pioggia o del temporale in una giornata piovosa, affidare il ruolo del direttore d’orchestra a un bambino nel giorno del suo compleanno, il gioco della farfallina o degli uccellini in una bella giornata di primavera. Inoltre, occorre saper adeguare l’attività programmata alla risposta dei bambini e cogliere i loro stimoli.
È importante gratificarli e valorizzarli, affidando a ciascuno, quando è possibile, un compito individuale all’interno delle attività di gruppo. Ciò deve avvenire senza forzature, evitando di insistere qualora un bambino non si sentisse pronto a svolgere la consegna.
IL PROGETTO DIDATTICO
Cosa, come e dove insegnare. Il gruppo sarà maggiormente motivato e coinvolto se si saprà suscitare aspettativa e curiosità riguardo ai nuovi giochi. Gli ultimi minuti della lezione saranno dedicati al saluto finale, che può realizzarsi attraverso un canto, una filastrocca, un piccolo gioco.
Il repertorio va organizzato e suddiviso secondo il numero di lezioni a disposizione e secondo obiettivi specifici che devono essere stabiliti lezione per lezione. I bambini devono interiorizzare il repertorio o parte di esso prima di procedere all’analisi e quindi al riconoscimento degli elementi musicali. La ripetizione è condizione indispensabile per l’interiorizzazione e deve avvenire in modo stimolante e con modalità diverse ad esempio abbinando a ciascun canto, giochi e attività che favoriscono la ripetizione in maniera divertente e utile per l’apprendimento.
Possiamo avere diversi tipi di lezione:
- lezione preparatoria. È una lezione in cui si alimenta la musicalità del bambino e si propone il materiale utile per l’alfabetizzazione. Si lavora sul repertorio attraverso rielaborazioni vocali, attività di movimento e giochi al fine di interiorizzare il materiale che verrà riproposto ed elaborato nelle lezioni seguenti. In questa fase l’apprendimento avviene con modalità imitative.
- lezione d’apprendimento. Si lavora più approfonditamente su un canto o un ascolto conosciuto con lo scopo specifico di discriminare un elemento ritmico, melodico, metrico ecc. Ciò avviene intuitivamente e, in seguito, con l’ausilio della lettura e della scrittura. lezione volta alla preparazione di un prodotto finale. Nell’arco di una stessa lezione, a partire da uno stimolo musicale come ad esempio un canto o un ascolto, si pianificano una serie di attività che attraverso processi di rielaborazione, analisi e riconoscimento di elementi musicali conducano alla realizzazione di un prodotto completo finale: un’elaborazione vocale o strumentale dei canti, una danza, una coreografia, una drammatizzazione e altro.
Anche al termine di un canto o di un ascolto è fondamentale mantenere l’attenzione e la concentrazione ancora per qualche secondo: assaporare ancora un po’ nell’aria quella vibrazione e quella piacevole tensione che il canto e la musica fanno percepire. L’insegnante può palesare questa sensazione ai bambini: «I suoni restano sospesi nell’aria e devono aver il tempo di toccare terra prima che chiunque di noi interrompa questa magia. Contiamo quindi fino a 5 nella mente prima di dire qualsiasi cosa».
I bambini apprendono per imitazione. Pertanto è bene che l’insegnante sia da subito consapevole che sarà imitato dai bambini. Sarà imitato, soprattutto dai più piccoli, nella voce, nel modo di muoversi, nell’atteggiamento generale. L’insegnante comunica con tutto il suo corpo: con la mimica del volto, con la propria coordinazione, con l’intonazione e l’espressività della voce.
Trasmette il proprio modo di vivere la musica, la chiarezza del proprio pensiero e la passione per quello che sta facendo. Lo sguardo deve rivolgersi ai bambini, sia per comunicare che per osservare. E’ meglio che i movimenti siano piuttosto lenti, la voce chiara ma non forte e, ovviamente, intonata. Infine, la postura deve essere armonica: schiena dritta ma non rigida, gambe leggermente divaricate con il peso ugualmente distribuito, sguardo rivolto ai bambini.
Anche quando si lavora da seduti sulla sedia è importante assumere la medesima posizione: non appoggiare la schiena allo schienale, tenere le gambe appoggiate a terra e non incrociate, stare con la schiena dritta. È importante che i bambini assimilino questo atteggiamento posturale ed è utile correggerli sempre, se hanno atteggiamenti non funzionali. A tal fine il bambino può sperimentare posture differenti e scoprire autonomamente la soluzione più vantaggiosa per il cantò.
È anche utile sollecitarli talvolta a rilassare il corpo attraverso esercizi respiratori. Spesso la causa di una scarsa intonazione o di una difficoltà ritmico/motoria è da attribuire a una diffusa rigidità muscolare.
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