Se sei alle prime armi con uno strumento musicale, probabilmente avrai molte domande in attesa di una risposta e molti dubbi che ti assillano, e alcuni di questi riguarderanno il metodo di studio da adottare per diventare più bravo e imparare al meglio i pezzi che ti sei posto come obiettivo.
Uno degli interrogativi che più frequentemente i nuovi pianisti si pongono quando iniziano riguarda il quantitativo di ore nel corso di una giornata da dedicare allo studio davanti alla tastiera.
Iniziamo subito col dire una cosa ovvia: non esiste una legge universale che sia valida per tutti, e qualsiasi risposta rischia di essere molto generica, dal momento che il monte ore adatto a ciascuno dipende da molti fattori.
Di seguito vedremo proprio su cosa basarsi per capire di quanto tempo si necessita e come costruire una sessione di studio perfetta per te.
Cosa fa la differenza nel tempo di studio
Come abbiamo accennato, ciascuno ha le sue:
- peculiari caratteristiche
- nonché le sue specifiche necessità.
Questi due elementi possono dare luogo sia a dei punti di forza che a dei punti di debolezza che, di conseguenza, avranno il loro peso nel determinare quante ore siano necessarie in un giorno affinché lo studio progredisca e sia proficuo.
Prima di tutto, occorre considerare la propria personale velocità di apprendimento, che varia sicuramente dalle abilità di ciascuno, ma dipende in buona misura anche dalla tua età.
Ciò non significa, naturalmente, che un uomo adulto farà automaticamente più fatica di un ragazzo, ma piuttosto che queste due variabili devono essere prese in considerazione e combinate insieme.
Anche perché ci può essere un numero infinito di ulteriori fattori che influenzano la velocità di apprendimento.
Ad esempio, chi sta passando un periodo carico di stress e tensioni, probabilmente avrà la mente troppo occupata per poter essere al massimo del suo potenziale; di conseguenza, la resa forse non sarà minore, ma il tempo che verrà richiesto per procedere con il pezzo intrapreso sarà aumentato.
Allo stesso modo, a tutti capitano le giornate in cui ci si sente molto stanchi, anche semplicemente per aver dormito troppo poco.
In questi casi, è più probabile non avere sufficiente energia da investire nello studio e questo risulterà più difficoltoso e rallentato, quando non addirittura inefficace.
Inoltre, occorre considerare anche lo stato mentale di quel preciso momento: chi ha pensieri e sensazioni positivi e si sente tranquillo, si predispone in una condizione decisamente più fertile per i miglioramenti e gli apprendimenti.
Infine, un ruolo importante è giocato anche dalla motivazione e da quanto ti senti determinato e deciso nei confronti di un obiettivo che vuoi conseguire: più i livelli di questi fattori sono alti, più riuscirai a sostenere uno stato di concentrazione che ti permetterà di ottimizzare il tempo passato davanti alla tastiera rendendo tutto più veloce.
La motivazione è davvero il punto centrale che fa la differenza in molte situazioni: pensa semplicemente al divario che potrebbe esserci tra un bambino che prende lezioni di pianoforte malvolentieri, esclusivamente perché sono i genitori a volere che abbia una cultura musicale e sappia suonare uno strumento, e una donna che, al contrario, parte da zero ma si iscrive a un corso perché uno dei sogni che ha fin da quando era piccola è di imparare a suonare uno strumento e, ora che è in pensione e ha più tempo da dedicare a se stessa, finalmente lo può fare.
Il bambino potrebbe addirittura arrivare a rifiutarsi di studiare, mentre la signora si applicherà davvero e lavorerà sodo per raggiungere un obiettivo che ritiene importante.
In questo esempio l’età conta ben poco e l’apparente vantaggio del bambino nella velocità di apprendimento viene annullato.
Questo perché chi è davvero deciso a imparare ascolterà ogni suggerimento dell’insegnante e lo metterà in pratica fin da subito, corredandolo da un intenso studio autonomo a casa, fondamentale per consolidare tutti gli apprendimenti che avvengono durante la lezione.
Se mancano questi fattori, migliorare sarà un’impresa impossibile, indipendentemente dal fatto che ci siano tutti i presupposti per poter diventare davvero bravi.
Di conseguenza, possiamo anche affermare che non sia assolutamente vero che esista una finestra temporale, come credono molti, terminata la quale, non si riesca più a imparare a suonare uno strumento nuovo.
Nell’immaginario comune, infatti, è ben radicata la credenza che per diventare bravi con il pianoforte si debba cominciare fin da piccoli, e tutti hanno impressa nella mente l’immagine di un enfant prodige che sa eseguire pezzi degni di un concertista a soli 7 anni.
Non c’è niente di più erroneo di questa credenza, che altro non è che un falso mito: a qualsiasi età è possibile imparare a suonare il pianoforte.
Anzi, nel mondo reale i casi di bambini prodigiosi rappresentano una netta minoranza, o per meglio dire una rarità, e soprattutto non ha alcun senso effettuare questo tipo di paragoni, proprio perché ciascuna persona ha la sua storia, dalla quale possono conseguire motivazioni più o meno forti che la spingono a investire tempo ed energie per lo studio di uno strumento musicale.
È vero che, se il fattore età gioca a sfavore, l’inizio può essere più complesso, ma ciò non pregiudica in alcun modo le mete che si possono successivamente raggiungere dal momento che, trascorso il periodo iniziale in cui tutto appare difficile e il percorso in salita, l’interesse autentico renderà le tappe successive molto più abbordabili.
Quanto tempo dedicare agli esercizi?
La premessa appena fatta era necessaria per proseguire il discorso arrivando al nocciolo della questione, ovvero per cercare di capire quante ore al giorno sia necessario studiare pianoforte perché le sessioni a casa siano proficue.
Oltre alle caratteristiche personali dell’allievo, bisogna considerare anche il singolo insegnante, dal momento che da maestri diversi potresti ottenere altrettante risposte, come del resto anche ciascuno dei grandi compositori del passato aveva la sua precisa idea a riguardo.
Essenzialmente, comunque, possiamo affermare che prevalentemente esistano due scuole di pensiero che si contrappongono:
- quella di coloro che ritengono che solo il sacrificio e la dedizione di tutto il proprio tempo, a disposizione allo strumento siano la chiave per apprendere davvero,
- e quella di coloro che sono, invece, convinti che, come per tutto, anche per lo studio sia necessaria una moderazione, e che quindi sia necessario studiare il giusto, senza varcare un limite oltre il quale la dedizione diventa controproducente.
Nel primo caso facciamo riferimento a coloro che prendono le mosse da Liszt, il quale era convinto che la tecnica fosse tutto e si dovesse costantemente lavorare per perfezionarla, tramite appositi esercizi (per intenderci, come quelli dell’Hanon) che variano in base al livello di preparazione di ciascun pianista.
All’opposto, coloro che rientrano nel secondo gruppo di insegnanti, trovano inutile la ripetizione all’infinito di esercizi che ormai si conoscono a memoria, preferendo trasmettere un diverso tipo di messaggio ai loro allievi, ovvero quello che sia meglio contrarre la durata delle sessioni, affrontando di volta in volta un programma più ridotto, ma eseguito meglio grazie a una concentrazione più fresca e stabile.
Probabilmente la via migliore è proprio quella che sta nel mezzo: sicuramente la pratica costante di esercizi aiuta a diventare più virtuosi e sciolti, ma è anche vero che questa componente aiuta a sviluppare solo una parte di tutte le doti che servono a un bravo pianista, ovvero quella tecnica.
Di converso, si finirà facilmente di perdere musicalità e di rendere ogni esecuzione troppo fredda.
Questo anche perché ripetere a macchinetta i medesimi esercizi inevitabilmente finisce con il suscitare noia, e potresti così perdere parte della passione che ti ha condotto alla ricerca di un maestro per imparare a suonare il pianoforte.
Di conseguenza, la soluzione è quella di cercare un compromesso, svolgendo gli esercizi per un tempo che non sia né troppo esiguo né troppo invadente.
Infine, considera che esistono anche delle valide alternative agli esercizi, che ti aiuteranno ad affinare la tecnica senza rischiare di annoiarti: gli studi.
La letteratura pianistica è colma di questo tipo di composizioni, e puoi trovarne dei tipi più svariati, da quelli che insistono puramente sulla tecnica a quelli che presentano anche una corposa parte melodica e che ti daranno molta soddisfazione quando noterai che riesci ad eseguirli alla perfezione.
A livello di orecchio, gli studi sono sicuramente molto più gradevoli degli esercizi, e vantano anche l’effetto collaterale di aiutarti a sviluppare una certa agilità.
Quante ore deve durare una sessione di studio al pianoforte?
Infine, concludiamo tornando alla domanda che ci eravamo posti all’inizio, alla quale ora possiamo dare una risposta generica ma ponderata.
Quante ore al giorno bisogna studiare pianoforte?
Il punto principale risiede proprio nell’espressione “al giorno”, dal momento che uno dei segreti per rendere davvero efficace lo studio è proprio la costanza.
Sono di gran lunga preferibili delle sessioni brevi ma per le quali si dedica uno spazio quotidianamente piuttosto che una maratona di un giorno alla settimana in vista della lezione.
Questo secondo metodo non funziona, sia perché in tal modo lo studio diventerebbe solamente una fonte di stress e di certo non verrebbe affrontato nel dovuto atteggiamento e stato mentale, sia perché suonare uno strumento è un’abilità che necessita di essere esercitata ogni giorno per essere mantenuta al livello migliore.
Detto ciò, la durata in sé della sessione di studio ha un’importanza secondaria, che dipende principalmente dalle caratteristiche dell’allievo e dalla sua capacità di mantenere la concentrazione.
Si tratta di un’operazione che inizialmente può risultare difficile e faticosa, specialmente per chi è un novizio del mondo musicale.
Per questo le prime lezioni possono essere anche molto brevi, ma poi verrà spontaneo incrementare il tempo di alcuni minuti per volta, fino ad arrivare a studiare per ore intere.
Che si tratti di tre o quattro ore al giorno, fa poca differenza: l’importante è che sia tu a dettare i tempi alternando studio e pause in modo strategico, così da mantenere alta l’attenzione e trarre il massimo vantaggio dal tuo impegno.
Christian Salerno
Sono d'accordo Chris e poi è importante oltre al perchè si studia, in che modo si studia: mi ricordo una tua risposta nel forum: "Meglio 30 minuti fatti bene che 24 ore fatte male", io sono nella media da ricovero pazzi allora a volte 4 a volte 6 ore al giorno XDXDXD eppure mi trattengo perchè vorrei studiare di più ma so che un pò di astinenza ci vuole perchè invoglia indipendentemente dalle proprie capacità di apprendimento.
Avevo letto che Chopin una volta sgridò un suo allievo e gli proibì di studiare non più di 3 ore al giorno.
Ahahah bellissima questa Davide, non la sapevo proprio! Beh, tu sei da ricovero veramente! 😀 ihih un salutone! 🙂 🙂
Bellissimo articolo!! Anche se la giornata non è di 12 ore !!:)