Ci sono due certezze nella vita: la prima è che prima o poi dobbiamo passare tutti a miglior vita. La seconda è che se parli di Marketing ad un musicista classico ti storcerà il naso (nel migliore dei casi).
Il problema è che quando non si conosce bene una materia, si tende a generalizzare e a ragionare con idee comuni. Per esempio, io che non so una pippa di Psicologia, sono convinto che lo Psicologo sia quello che prende soldi per ascoltare i tuoi problemi, cosa che se andavi da un amico lo faceva gratuitamente. Oppure io che non so una mazza di programmazione sono convinto che i siti internet si facciano in poco tempo e da soli. È proprio qui l’errore! Credere che la propria ignoranza sia la realtà. Bisognerebbe invece mettere da parte un bel po’ di preconcetti e allargare la propria visione.
Purtroppo i professionisti rispondono sempre per quelle mele marce del proprio settore. Hai presente tutti quei dentisti che operavano (e che operano) senza avere nessun titolo? O di quei venditori di auto che te le vendevano col contachilometri manomesso, risultando praticamente nuove quando invece l’auto aveva percorso più di 200.000 km? Ecco. Ciò non significa che tutti i dentisti o i venditori di auto siano disonesti, però tendiamo ad essere un po’ diffidenti.
Allo stesso modo siamo diffidenti per tutti coloro che lavorano nel Marketing. Forse li immaginiamo come dei burattinai che controllano le nostre menti attraverso dei messaggi subliminali da una stanza scura dove sono tutti quanti incappucciati. Se la tua visione è questa, allora dammi qualche secondo che ti riporto alla realtà.
La parola Marketing deriva da Mercato. Cos’è il mercato? È un posto in cui si incontrano la domanda e l’offerta, ciò un posto dove c’è qualcuno che vende qualcosa e qualcuno che compra qualcosa. L’unica cosa che fa girare l’economia è la vendita e tutti noi vendiamo qualcosa.
Ah, non ne sei così convinto?
Quando sei a scuola durante un’interrogazione stai cercando di venderti al meglio. Quando entri un un nuovo gruppo di persone cerchi di venderti al meglio. Quando conosci una nuova ragazza stai cercando di venderti al meglio (nascondendo i lati negativi di te). Quando vai ad un colloquio di lavoro stai cercando di venderti al meglio. Quando proponi la tua idea e vuoi che sia scelta, stai cercando di venderla al meglio. Quando sei in una lite furiosa su Facebook con un tuo “amico” perché tu sostieni una cosa e lui un’altra… stai cercando di vendergli il tuo modo di pensare.
Costantemente, che tu sia consapevole o no, stai cercando di “vendere” la tua persona o le tue tesi. Le persone che hanno successo nella vita sono dei grandi venditori di sé stessi. Sì, essere umili è sicuramente una grande dote ma è riconosciuta da pochi. La maggior parte delle persone che stanno ai “piani alti” sono dei grandi paraculi che si sono saputi vendere molto bene, molto meglio di ciò che in realtà sono.
Anche se fai un qualsiasi altro lavoro stai vendendo o per conto tuo o per conto di qualcun altro. Esempio?
Supponiamo che tu lavori la sera in una pizzeria e prendi gli ordini per telefono. Stai lavorando in un ecosistema che mira a vendere la pizza. Supponiamo che tu lavori in una fabbrica che progetta parti di un aereo. Allora stai lavorando in un ecosistema che mira a vendere aerei e così via. Tutto il mondo ruota attorno alla vendita.
Il musicista classico, invece, si sente completamente avulso dalla realtà che ti ho mostrato. Il musicista non si considera come gli altri professionisti, no… lui semmai vende emozioni. Sì, tutto bello e nobile come concetto, ma l’emozione devi trasformarla in euro o sennò non ci vai a fare la spesa al supermercato.
È proprio questo lo step che manca. Trasformare il creare l’emozione al pubblico in —> portare la pagnotta a casa.
Se parliamo dunque di fare concerti, stiamo parlando di rapportarti con un pubblico. È quel pubblico lì che ti fa campare. È quel pubblico lì che a fine serata parlerà bene o male di te ai loro amici. È quel pubblico lì che tornerà o non ritornerà a sentirti.
Dunque bisogna creare un contatto con il pubblico.
Quello che succede sempre, invece…
Ahimè, questo contatto con il pubblico non viene quasi mai cercato e si suona essenzialmente per sé stessi. Ora, a meno che tu non sia un pianista che suona alla Scala o in qualche altro teatro di prestigio dove il pubblico è selezionato (o per lo meno dovrebbe esserlo), ti ritroverai a suonare con una platea di 100 persone dove 5/6 sono studenti di pianoforte ai primi corsi, un paio sono avanzati e un paio sono diplomati, il resto sono appassionati (e per alcuni di loro è anche la prima volta).
Non puoi pensare di realizzare un programma troppo impegnativo. Per troppo impegnativo intendo troppo ricercato, troppo d’avanguardia o piuttosto monotono. Se fai una serata in cui mi suoni 4 sonate di Mozart chiedo al mio vicino se ha un martello così me lo do sui piedi per non pensarci. Se fai una serata dove mi suoni tutte le Variazioni Goldberg di Bach mi porto direttamente la corda da casa. Così come se in una serata mi suoni il XIII Klavierstück di Stockhausen.
Per carità, non sto dicendo che Bach o Mozart siano noiosi, reputo che siano stati i due più grandi geni di tutta la storia della musica ma… debbano essere presi a piccole dosi, soprattutto per chi non ha un orecchio allenato. Chopin invece ha sonorità molto più vicine all’orecchio moderno e viene apprezzato di più.
Voglio proporti una sfida.
Al prossimo concerto che farai, inserisci nel programma – o come bis – Per Elisa di Beethoven. Per te che è un brano scontato e troppo popolare, probabilmente non ti darà alcuna gioia eseguirlo ma per l’appassionato sarà il più grande regalo di sempre e… ti dirò di più!! Confronta la forza dell’applauso dopo che hai suonato Per Elisa con quello che hai preso dopo aver suonato un Preludio e Fuga di Bach., poi mi dirai….
So già a cosa stai pensando…
Io non voglio adattare il programma al pubblico. Io voglio suonare le cose che piacciono a me!! Non faccio queste cose, io sono puro, non mi adatto, non scendo a compromessi!
Bravo, non ha capito un caxxo!!
Non sempre quello che piace a te corrisponde a quello che piace al mercato. Ricordi il discorso sulla domanda e l’offerta che facevamo all’inizio? Ecco, ricordatelo sempre. Non conosco nessun avvocato che ami difendere un assassino, però se vengono pagati tanto… lo fanno! Non conosco nessun imbianchino a cui piace riverniciare l’esterno di una villa a 35° alle 14.00 in pieno Agosto, però se vengono pagati… lo fanno!!
Non sei tu che comandi è il mercato e il pianista non è un’entità che sta al di sopra di queste leggi.
Per questo motivo mi incaxxo come una bestia tutte le volte in cui vado ad assistere ad un concerto di musica classica e il pianista entra con faccia seria (come se gli fosse morto il gatto un’ora prima! E fattela una risata che stai facendo musica ed è una cosa bellissima!!), fa il classico inchino e senza dire nulla inizia a suonare. Poi si interrompe perché è finito il primo tempo della sonata e il pubblico (ignorante) non si spiega il perché nessuno ha applaudito (forse non era bravo il pianista?). Intanto le 3 vecchie in prima fila fanno a gara per vedere chi ne sa di più e si dicono fra di loro che il brano che sta eseguendo ora il pianista sia di Beethoven o di Mozart quando in realtà è di Mendelssohn.
Non solo!! Sono pronte a lanciare un’occhiata malevola a quel poveretto che per sbaglio ha lanciato un’applauso quando non era il momento. E infine, dopo un’ora o più di concerto il pubblico si sente in dovere di continuare ad applaudire perché orma il bis è diventato d’obbligo anche se mezza platea si era addormentata o continuava a utilizzare lo smartphone.
Che palle un concerto così! E lo dico io che sono un profondo amante della musica, in tutte le sue forme (tranne quella troppo ricercata che ritengo siano grandi opere d’intelletto e poco d’animo).
Ecco perché i teatri sono sempre più vuoti e a fatica si vedono i giovani tra il pubblico. Se non ci sono giovani nel pubblico significa che al prossimo cambio generazionale i teatri saranno completamente deserti.
Certo, la colpa non è solo del pianista e del programma che decide di portare in serata e del tipo di rapporto che crea col pubblico. Il problema ha un carattere di ben più ampia portata. Però noi pianisti, nel nostro piccolo, possiamo fare qualcosa per entusiasmare il pubblico e far passare a loro una serata da sogno. Caxxo ci riesce Cracco a venderti un sogno spennandoti come un tacchino con piatti enormi ma con due briciole dentro, e tu a fine della serata lo ringrazi anche, vuoi che non ci riusciamo noi che chiediamo a malapena 10 euro per un ingresso e ci facciamo un culo grande come una casa per preparare quel concerto?!?
Non bisogna sempre dare le colpe all’esterno. È facile scaricarsi di tutte le responsabilità e dire “Mi sa che è impossibile fare il pianista nella mia vita… da domani lavorerò nell’azienda di mio padre” (ed è così che fanno il 90% dei pianisti post diploma).
Se hai un sogno… credici! Prima di mollare assicurati di aver sparato prima tutte le cartucce!! Non puoi dire è finita se non sei arrivato alla fine.
Se hai davvero voglia di rimboccarti le maniche e vuoi provare a cambiare la situazione in cui ti ritrovi perché ti sta stretta e pensi di non resistere a lungo in queste condizioni allora è il momento giusto di farlo. Senza “sé”, senza “ma”. Non esiste il momento giusto, devi semplicemente crearlo. Non esiste l’occasione giusta devi crearla.
Investi il tempo che utilizzi per criticare Lang Lang o Lola Astanova sui social per creare il tuo spazio sul mercato. Investi il tempo che utilizzi per adorare gli dei del passato (come Michelangeli) per creare la tua realtà. Loro ormai hanno foto la loro vita, tu vuoi prendere in mano la tua?!
Allora ti consiglio vivamente di dare un’occhiata a questo corso. Sono 14 ore di Registrazione. Ti metti comodo, ti fai una full immersion e in 2-3 giorni avrai raggiunto un grado di consapevolezza che prima non avevi.
Il più grande spreco nel mondo è la differenza tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare.
(Ben Herbster)
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