Com'è costruito un Pianoforte verticale - Christian Salerno

Com’è costruito un Pianoforte verticale

Ago 14, 2012 | Recensioni Pianoforti | 1 commento

GENERE MUSICALE: Classica

Se sei giunto su questo articolo significa che sei interessato a scoprire com’è fatto un pianoforte verticale.
Per questo motivo, continuando con la lettura potrai trovare una descrizione esaustiva di questo strumento musicale così diffuso, dagli albori fino ai giorni nostri.

Inoltre, potrai vedere da quanti elementi è composto e come questi, lavorando in perfetta sinergia, siano capaci di rendere il pianoforte uno strumento tanto complesso quanto completo sotto tutti i punti di vista.

Iniziamo subito!

Il pianoforte verticale: nascita e meccanica

Il primo pianoforte verticale venne ideato poco meno di 300 anni fa, nel 1737, dall’italiano Domenico Del Mela.

Egli tuttavia adotto una meccanica davvero semplicissima e sprovvista del sistema di scappamento.

Successivamente, durante il 1745, fu un tedesco, Christian Ernst Friederici a progettare uno strumento verticale dalla particolare forma piramidale. Questo pianoforte, passato appunto alla storia con il nome di pianoforte a piramide, era del tutto simile a un classico modello a coda, ma tavola armonica e corde erano posizionate perpendicolarmente alla tastiera e dunque verticalmente.

Il sistema meccanico utilizzato da Friederici era invece una sostanziale semplificazione di quello disegnato nel 1720 da Bartolomeo Cristofori, tuttavia mancava ancora di alcune particolarità come le “ripetizioni”.

Questi particolari strumenti musicali erano anche provvisti di diversi sportelli, apribili a piacimento per mettere in mostra la tavola armonica e le corde, inoltre potevano essere considerati una vera e propria via di mezzo tra un pianoforte a coda e uno verticale.

Durante il 1800, questi strumenti musicali vennero prodotti in gran numero, ma solamente 40 anni più tardi vennero sostituiti da modelli decisamente superiori, infatti, già nel 1780 venne progettata una meccanica studiata appositamente per essere installata sui nuovi pianoforti verticali e che poteva seguire l’allineamento delle corde e della relativa tavola armonica.

Questo sistema era composto da numerose stecche in legno, capaci di collegare efficacemente la parte retrostante della tastiera al meccanismo che azionava i martelletti.

Probabilmente avrai visto o sentito nominare questo tipo di meccanica, denominato inizialmente “meccanica a bacchetta” ma divenuto celebre con il nome di “meccanica a baionetta”.

Inoltre, con l’adozione di questa meccanica, anche suoi pianoforti verticali era possibile permettere lo scappamento del martelletto che tornava immediatamente indietro una volta colpite le corde.

Quest’ultima fu progettata da John Landreth durante il 1787, ma fu costruita solamente due anni più tardi da William Southwell.

In più, se ti è mai capitato di osservare l’interno di un pianoforte verticale, ma anche di un coda, avrai notato come le corde siano sapientemente disposte diagonalmente rispetto alla struttura del telaio.

A tal proposito, devi sapere che la cosiddetta cordatura diagonale fu un’invenzione utilissima per posizionare corde più lunghe all’interno di uno strumento più compatto, migliorandone notevolmente la resa sonora complessiva.

Negli anni successivi, il pianoforte verticale continuò a evolversi e, nel 1831, Hermann Lichtenthal ideò una soluzione nella quale i martelletti dello strumento erano frenati da un nastrino.

Così facendo, questi ultimi non potevano impattare troppo violentemente contro le corde.

Tuttavia, fu Robert Wornum ad affinare questo sistema meccanico provvisto di blocco a nastro e, di conseguenza, gettò, di fatto, le basi della meccanica che ancora oggi puoi trovare all’interno di un pianoforte verticale.

A proposito di meccanica, è anche importante sottolineare come questo strumento non sia provvisto di doppio scappamento e come non tutte le componenti di quest’ultima siano capaci tornare alla posizione di partenza per il solo effetto della forza di gravità.

Ciò è dato dal fatto che, nei pianoforti verticali, tutti i pezzi sono posizionati verticalmente, motivo per cui, vengono utilizzati i succitati nastrini che aiutano l’azione del meccanismo stesso.

Composizione della meccanica del pianoforte verticale: in sintesi

Come hai avuto modo di scoprire attraverso la lettura del paragrafo precedente, la meccanica di un pianoforte è davvero complessa.

Infatti questa è composta da numerosissime parti diverse, ognuna con un proprio nome e una particolare funzione.

Dunque, senza perderci in chiacchiere, andiamo a vedere quali sono e il ruolo che hanno all’interno di questo affascinante strumento musicale.

Iniziamo dunque dal pilota, una piccola vite regolabile posizionata in fondo all’asta del tasto che trasmette il movimento di quest’ultimo al resto del sistema meccanico.

Infatti, il pilota va ad azionare il ponticello, una leva articolata che si collega alla forcella di ponticello o di scappamento, al di sopra della quale si sviluppa, per l’appunto, lo scappamento del pianoforte verticale.

Quest’ultimo è composto, a sua volta, da diverse parti tra cui il dito di scappamento che si occupa di trasmettere il movimento alla noce. Quest’ultima, spinta verso l’alto proprio dal dito aziona il movimento del martelletto che inizia la sua corsa fino a impattare sulle corde.

Chiaramente, trattandosi di un argomento molto complesso, questo è solamente un breve riassunto sulla meccanica di un pianoforte verticale, composta da 22 parti, ovvero:

  • somiere di meccanica;
  • barra di forte;
  • ponticello;
  • forcella di ponticello;
  • dito di scappamento;
  • molla a spirale;
  • arresto;
  • correggia;
  • barra del bottone di scappamento;
  • barra di scappamento;
  • noce;
  • forcella della noce;
  • contro-arresto;
  • manico del martelletto;
  • martelletto;
  • lama di smorzamento;
  • vite di regolazione della lama di smorzamento;
  • smorzamento;
  • barra del martelletto;
  • leva del pedale dolce;
  • barra di smorzamento;
  • pilota.

Il tutto senza considerare i numerosissimi feltrini che ricoprono molte di queste già numerosissime parti utili per l’azionamento di un singolo martelletto e ripetute per l’intera tastiera, quindi per ben 88 volte.

Gli smorzatori del pianoforte verticale e le caratteristiche generali dello strumento

Per quanto riguarda gli smorzatori che agiscono bloccando le vibrazioni delle corde del pianoforte, è importante sottolineare come anche questi ultimi siano stati oggetto di studio e soluzioni differenti in base alle epoche di appartenenza.

Infatti, furono sviluppati sostanzialmente due sistemi diversi per andare a smorzare le corde:

  1. Overdamping system
  2. Secondo sistema di smorzatori

1. Overdamping system

Il primo era rappresentato dall’overdamping sistem, ovvero un sistema di sovrasmorzamento che entrava in funzione quando il tasto era premuto.

In questo caso, un filo andava ad innescare un’apposita leva in grado di sollevare una porzione di feltro sopra alle corde, prima che il martelletto potesse colpirle e, soltanto al rilascio del relativo tasto, questo feltrino poteva tornare alla sua posizione iniziale.

Tuttavia, questa particolare soluzione, diffusa capillarmente in Germania e Inghilterra, rimase in uso fino al 1800 circa.

2. Altro sistema di smorzatori

Diversamente, il secondo sistema di smorzatori era caratterizzato da un movimento rotatorio che permetteva al feltro di posizionarsi sulle corde. Questo era permesso da un’apposita leva, completa di relativi cardini, collegata posteriormente ad ogni singolo meccanismo dedicato all’azione del martelletto stesso.

Questa innovazione è quella adottata ancora oggi dai moderni pianoforti verticali poiché già a partire dal 1840, questi strumenti musicali non hanno più subito grandi trasformazioni.

Quindi, quando ti capiterà di sbirciare all’interno di un pianoforte verticale potrai notare come le caviglie, ovvero i perni fondamentali per l’accordatura dello strumento, siano posizionate nella parte superiore del telaio in ghisa.

Da qui, le corde partono e si distendono diagonalmente proseguendo verso il fondo del pianoforte dove trovano ancoraggio in fondo alla cassa armonica.

Per quanto riguarda la meccanica, potrai vedere come questa sia montata centralmente alla lunghezza delle corde stesse. Inoltre, il tutto sarà posizionato posteriormente alla tastiera e l’altezza dello strumento musicale oscillerà mediamente tra 1 e 1,33 metri.

Oltretutto, come sicuramente saprai, i pianoforti verticali sono solitamente provvisti di 3 pedali. Quello centrale serve per posizionare una striscia di feltro tra i martelli e le corde, in modo tale da modificarne il suono, rendendolo più ovattato e ridotto, motivo per cui viene comunemente chiamato sordina.

In conclusione, come hai potuto scoprire grazie al contenuto di questo articolo, il pianoforte verticale è a tutti gli effetti uno strumento musicale complesso e completo sotto tutti i punti di vista.

La sua meccanica ha subito importanti rinnovamenti, complici le invenzioni e soluzioni apportati da Christian Ernst Friederici, dallo stesso padre del pianoforte, rappresentato da Bartolomeo Cristofori, ma anche da John Landreth, Hermann Lichtenthal e Robert Wornum.

Infatti, la cordatura diagonale e l’utilizzo dei nastrini sono solamente alcuni esempi pratici delle innumerevoli innovazioni che hanno interessato lo sviluppo del pianoforte verticale nel corso dei secoli.

Infine, anche se la meccanica di questi pianoforti è sprovvista del cosiddetto doppio scappamento, grazie a tutti gli stratagemmi adottati a causa della disposizione verticale dei pezzi, anche gli strumenti di questo tipo sono in grado di produrre un suono straordinario.

 

 

 

 

 

 

 

 

1 commento

  1. simone

    poko tempo fa vidi su history channel,la storia e la produzione degli steinway e sons…..

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