Se c’è una cosa che non ho mai sopportato, quelli sono i dogmi. Insegnare quella determinata cosa perché bisogna farla, seguire questo dato percorso perché all’epoca il mio insegnante mi fece fare così.
Qual’è il problema? E’ che
il metodo è sempre lo stesso, mentre gli allievi sono diversi! Gli allievi sono tutti diversi fra di loro, non si può pensare di far utilizzare a tutti lo stesso percorso formativo.
Questo concetto però è ancora riluttante per alcuni insegnanti, e questo non lo dico solo io. Emile Jaques-Dalcroze, compositore direttore d’orchestra e insegnante, scrive all’interno del suo libro “Il ritmo, la musica e l’educazione” un’importantissima testimonianza da insegnante.
Venticinque anni fa debuttai nel campo della pedagogia in veste di professore d’armonia al conservatorio di Ginevra. Fin dalle prime lezioni constatai che l’orecchio dei miei studenti non era preparato a discernere gli accordi che dovevano scrivere; mi resi conto allora che l’impostazione dell’insegnamento tradizionale era sbagliata: anziché dare la possibilità agli allievi di compiere esperienze musicali all’inizio degli studi – nell’età in cui il corpo e mente si sviluppano parallelamente e interagiscono, comunicandosi incessantemente impressioni e sensazioni – si rinviavano tali esperienze al momento stesso in cui si chiedeva agli allievi di trarne delle deduzioni.
Ancora una volta un insegnante sveglio che trova delle falle nel vecchio metodo di insegnamento. In questo caso non viene data la giusta preparazione all’allievo nella tenera età. Se non si cerca di sviluppare l’orecchio attraverso degli esercizi di riconoscimento delle tonalità, del riconoscimento degli accordi – maggiori e minori – del riconoscimento delle note, diventa davvero difficile poi apprenderle da adulto e perlopiù ritrovarsi a doverle affrontare da subito seriamente.
Proprio per questo ci tengo a far sì che gli allievi, soprattutto i più piccoli, sviluppino l’orecchio sin da subito, in modo tale da poter far fronte alle esigenze imposte dal conservatorio.
E’ impensabile
studiare armonia senza aver
mai approfondito gli accordi.
Gli accordi sono alla base di tutto, sono alla base di ogni armonia, e Mozart e Beethoven li usavano moltissimo, con vari accorgimenti ma anche loro li utilizzavano.
Perché tenere nascosto fino al sesto anno l’armonia? Perché non iniziare da subito? Perché non far divertire l’allievo facendogli suonare
un giro armonico? Perché non provare a stimolargli la creatività facendogli comporre un brano su di un semplice giro armonico?
Non sto dando tutta la colpa al metodo d’insegnamento. Il 50% della colpa l’hanno gli allievi che sembrano
non essere curiosi di nulla. Non fanno nulla al di fuori di ciò che gli viene proposto, e non fanno nulla per interessarsi di altro. Basterebbe talvolta
acquistare un solo libro per poter uscire un attimo dai soliti confini, per poter scoprire anche nuovi mondi.
La musica esiste a 360°, perché limitarci solamente alla piccola percentuale che conosciamo?
Tanto per stare in tema, per una volta sono d'ACCORDO con te 🙂
F.B