Se sei capitato su questo articolo sicuramente saprai che una tra le questioni maggiormente dibattute in ambito pianistico è rappresentata proprio dal miglioramento tecnico.
Per questo motivo ho deciso di illustrare l’argomento in modo approfondito affinché i giovani studenti possano comprendere al meglio tutto il discorso legato alla tecnica pianistica.
Tuttavia, prima di iniziare è importante sottolineare come migliorare la propria tecnica non significa solamente eseguire esercizi digitali in modo freddo e inespressivo, ma bensì incrementare a 360 gradi l’aspetto artistico e musicale alla tastiera.
Nel corso di questo articolo affronteremo però solamente le questioni più manuali, dunque senza addentrarci in questioni esecutive o interpretative decisamente troppo difficili da affrontare con un semplice testo.
Quindi, qui avrai modo di scoprire i principali aspetti fondamentali in modo che anche tu possa comprendere senza difficoltà i motivi alla base degli eventuali stalli tecnici e in che modo superarli per migliorare giorno dopo giorno.
Il ruolo della tecnica e degli esercizi tecnici
I motivi principali legati agli stalli tecnici sono legati al fatto che molti giovani pianisti sfruttano troppo tempo ad affrontare esclusivamente gli esercizi di tecnica.
Questa frase, come avrai intuito, potrebbe apparire come una vera e propria blasfemia, soprattutto per quella scuola di pensiero con la convinzione che più esercizi verranno affrontati maggiore sarà il livello tecnico del musicista.
Tuttavia, la realtà è ben diversa.
Ma approfondiamo l’argomento, per quale motivo gli esercizi tecnici non portano a un miglioramento della tecnica pianistica?
Allora, i suddetti esercizi sono studiati con l’intento di proporre al pianista una parte delle sequenze digitali più importanti che verranno successivamente affrontate durante la preparazione di un repertorio musicale.
Di conseguenza, lo studio continuo di queste sequenze causa, a livello neurale, moltissime sinaptogenesi, ovvero connessioni tra neuroni che legandosi tra loro permettono l’acquisizione di movimenti o schemi motori anche molto complessi.
Di conseguenza, questi schemi motori reiterati tramite gli studi tecnici, come ad esempio l’op.733 di Carl Czerny, composta da ben 40 esercizi utili, permettono alle sinapsi di decodificare con maggiore rapidità le informazioni e ottimizzando di conseguenza tutte quelle connessioni utili per lo schema stesso.
Quindi, una volta concluso uno studio corretto e continuativo di un dato esercizio, possiamo assistere a un vero e proprio sviluppo a livello neuro-muscolare che offre la possibilità di padroneggiare una precisa sequenza digitale.
La stessa cosa avviene un qualsivoglia schema motorio o esercizio, di conseguenza, per quale motivo non dovrebbe essere realmente utile lo studio di esercizi strettamente tecnici in un livello pianistico intermedio o addirittura avanzato?
Sicuramente, se studi pianoforte da anni, avrai sicuramente appreso alla perfezione tutte le principali e basilari sequenze digitali e, con tutta probabilità, sarai già in grado di padroneggiarle.
Chiaramente, è importante sottolineare che non tutti i brani di repertorio sono composti da mere sequenze “preimpostate” e affrontate in un qualsivoglia manuale tecnico.
Per questo motivo non è possibile affrontare né uno studio trascendentale di Liszt, né uno studio di Chopin con la sola conoscenza degli esercizi di tecnica.
Dunque, questi ultimi non devono diventare il principale strumento per migliorare il proprio livello tecnico ma, al contrario, dovranno essere complementari.
Infatti, accoppiare determinati studi a brani precisi potrebbe essere decisamente utile, ma di altrettanta utilità potrebbe essere sfruttare la tecnica di un brano per incrementare quella di un altro.
Di conseguenza, gli studi tecnici non devono assolutamente essere considerati inutili, tuttavia non devono nemmeno essere valutati come miracolosi data la loro capacità di sviluppare per lo più determinate sequenze.
Addirittura, alcuni grandi interpreti del passato hanno screditato completamente lo studio degli esercizi tecnici per diverse motivazioni. La ragione di fondo era però la teoria secondo la quale tutto ciò che non stimola la sensibilità dell’esecutore non sia realmente utile alla crescita artistica del pianista.
La condivisione di questa tesi è motivo di diatribe tra le numerose scuole di pensiero ma, in ogni caso, in idee diverse si trovano alcuni punti in comune e universalmente condivisi dalla gran parte dei pianisti.
Tra queste troviamo affermazioni che ritengono gli esercizi tecnici un buon “allenamento” per l’acquisizione e il conseguente miglioramento delle sequenza basilari del pianismo, ad esempio le scale o gli arpeggi.
Tuttavia, altri musicisti condividono l’opinione che i suddetti studi non possano sostituire integralmente il lavoro svolto direttamente sui brani di repertorio.
Alcuni esercizi interessanti puoi trovarli sul manuale di Czerny Op.733 che ne racchiude ben 40.
Il ruolo della tecnica pianistica nel repertorio pianistico
Innanzitutto, è bene specificare come ogni singolo stile compositivo e musicale sia utilissimo allo sviluppo e alla crescita di ogni pianista.
Nel momento in cui affrontiamo il nostro repertorio preferito, purtroppo, spesso e volentieri abbiamo tutti la tendenza a tralasciare il resto della letteratura pianistica, andando di conseguenza a sminuire l’importante ruolo di una conoscenza a 360 gradi.
Infatti, la diffusissima tendenza al dedicarsi esclusivamente a un dato repertorio è certamente una delle principale cause di lacune tecniche che non ci danno la possibilità di crescere a livello tecnico e artistico.
Chiaramente, studiare Bach, Beethoven, Chopin, Scarlatti, Prokofiev, Liszt, Rachmaninoff o le composizioni di tantissimi altri compositori è utilissimo per migliorare il proprio bagaglio tecnico.
Ciò è dato dal fatto che tutti gli stili compositivi ed esecutivi portano determinati vantaggi relativi sia alla tecnica che alla conoscenza della letteratura del pianoforte.
Ovviamente, i diversi stili sono caratterizzati da impronte differenti, specialmente se si considerano i grandi cambiamenti legati allo strumento stesso e alle composizione ad esso dedicate.
Quindi, è importante mantenere in considerazione e distinguere variabili ben precise tra cui:
- il tocco richiesto sulla tastiera
- la forma
- lo schema armonico
- e l’approccio allo studio vero e proprio
A questo punto ti starai sicuramente domandando in che modo puoi iniziare ad affrontare brani virtuosistici.
Bene, la risposta a questa domanda è che fondamentalmente non esiste nessun trucco.
Infatti, è sempre importante iniziare a sperimentare per individuare alcuni accorgimenti utili per l’apprendimento di una partitura.
Per farti un esempio concreto è utile citare il famosissimo metodo delle varianti ritmiche da adottare in fase di studio. Queste ultime ti permettono di andare a scomporre i passaggi musicali in modi differenti.
Chiaramente, alcune potranno risultare più utili rispetto ad altre ma è sufficiente pensare che questo sistema è stato adottato anche da Franz Listz che, all’interno dei suoi esercizi tecnici, sfruttava in continuazione numerose varianti ritmiche, ovvero una soluzione davvero utile alla stregua delle sequenze utilizzate.
Oltre alle varianti ritmiche appena citate, un ulteriore metodo affascinante e importantissimo è quello legato allo studio dei brani a velocità molto ridotta per poi incrementarla poco a poco.
Ogni aspirante pianista, almeno una volta nella vita, ha adottato questo sistema davvero consigliatissimo anche all’interno dei conservatori.
Lo studio lento è indubbiamente un punto importantissimo per apprendere e acquisire gli schemi motori. Tuttavia, l’incremento della velocità non deve seguire obbligatoriamente seguire le tacche metronomiche.
L’alternanza tra lento, veloce, moderato, per poi tornare al lento è in grado di stimolare sia l’apprendimento e l’attenzione sul movimento quanto le risposte neuromuscolari nel caso delle esecuzioni rapide.
A tal proposito, proprio la discontinuità ritmica è una problematica che interessa moltissimi giovani pianisti che, adottando un metodo di studio differente, abituano il sistema neuromuscolare a determinate velocità esecutive.
Chiaramente, l’alternanza metronomica non è comunque la risposta a ogni problema, specialmente se il movimento studiato è viziato a livello di approccio, impostazione e verifica di progressi che stentano a diventare evidenti.
Questo significa che se, nonostante velocità ben precise, il tocco e i movimenti delle parti in causa non vengono impostati nel modo corretto, il risultato ottenuto potrebbe essere insoddisfacente.
Dunque, già dal primo approccio a un nuovo brano, sarà di fondamentale importanza concentrarsi su ogni aspetto legato alla futura esecuzione, anche nel momento in cui si studia molto lentamente.
L’importanza fondamentale della ripetizione
Come avrai notato durante lo studio del pianoforte, il corretto apprendimento di uno schema motorio implica uno sforza continuo e la necessità di mantenere alta l’attenzione su ogni movimento da effettuare nel corso dell’esecuzione di ogni passaggio.
Dunque, la ripetizione, a patto che sia totalmente priva di movimenti viziati, in ambito pianistico è strettamente legata al miglioramento, sia a breve che a lungo termine.
È chiaro come questo non sia però l’unico ingrediente utile a incrementare il proprio bagaglio tecnico o i passaggi difficili all’interno di uno spartito, ma per quale motivo?
Fino a questo punto hai avuto modo di approfondire la correlazione tra tecnica e repertorio utile per comprendere i problemi più pratici, ora affronteremo brevemente un discorso più teorico e sperimentale.
Infatti, non esiste un numero di ripetizioni standard per acquisire determinati movimenti come non esiste nemmeno una soglia di tempo dopo la quale il movimento sia interiorizzato ed eseguito correttamente.
Tuttavia, sussiste un importante “però”, poiché non è la sola ripetizione di una sequenza a consolidarla, ma bensì il modo in cui la si ripete.
Dunque, le variabili in campo sono davvero numerose e tra queste troviamo:
- la velocità di ripetizione, lenta o veloce
- la posizione del polso, alto o basso e così via.
Ogni segnale catturato dal nostro cervello avvierà un preciso percorso volto all’ottimizzazione che, varierà nelle sue tempistiche in base a diversi fattori come, ad esempio:
- l’età
- il livello tecnico attuale
- la continuità nello studio
- la concentrazione
- le aspettative
- e il quantitativo di studio.
Ogni fattore secondario è quindi estremamente determinante tanto per il miglioramento tecnico quanto per l’incremento delle proprie capacità artistiche.
Ripetere in continuazione un passaggio non ti farà diventare come Arturo Benedetti Michelangeli, né ti trasformerà in un concertista affermato e dalla tecnica strabiliante.
Di conseguenza, nonostante sia utile a livello motorio, la ripetizione non deve mai essere l’unica soluzione per diventare un bravo pianista.
Christian Salerno
Buongiorno Maestro
. Mi chiamo Paolo e sono diplomato ormai dalle Guerre Puniche. Mi ritrovo spesso a rispolverare la mia tecnica cimentandomi in brani a volte forse un po’ troppo difficili .Trovo nel suo approccio allo studio e alla tecnica un valido elemento di stimolo e riflessione. Grazie mille. Ora sto studiando gli esercizi di Brahms ma forse dovrei pensare prima a quelli di Czerny . Grazie mille per il suo lavoro
Paolo
Benissimo Paolo, avanti tutta!